lunedì 1 febbraio 2010

ANTEPRIMA


"La natura organica del dissenso"
edizione Stelle Cadenti
(Prefazione al prossimo libro
di Giuseppe Spinillo)

Per alcuni giorni ho portato con me questa raccolta di poesie accomodandola in borsa, sul sedile della macchina, sulla scrivania, sulla poltrona, sul comodino; attendevo che mi parlasse, che mi dicesse cosa pensava di se stessa, che mi inviasse impulsi elettromagnetici da far scivolare lungo le dita verso una tastiera, a cercare le parole giuste per una prefazione che non fosse semplice introduzione. Così è successo che, mentre pensavo il titolo e leggevo alcuni versi, una frase ha cominciato a martellarmi il cervello: “i ragni zingari, i ragni zingari, i ragni zingari….”
Per chi ama giocare con le parole senza eccedere in perifrasi e metafore, così come fa Giuseppe Spinillo, è evidente che si tratta di un palindromo famoso, una frase che può essere letta in senso inverso restando inalterata.
Per me, che conosco Giuseppe, è facile pensarlo muoversi nella poesia con la stessa agile delicatezza di un ragno che tesse la tela, restando ad essa ancorato eppure mutandone continuamente il contesto, in modo assolutamente zingaresco.
Ed in infine ho capito: questa raccolta di poesie è come il quadrato magico del Sator, la si può leggere dall’inizio alla fine e viceversa, senza correre il rischio di spezzare un filo logico, poiché è il continuo viaggiare fisicamente ed emotivamente il raccordo che lega i versi di Giuseppe.
E’ la continua ricerca di contaminazione con tutto quello che gli occhi vedono e l’udito assorbe a condurre la poesia, verso direttrici prive di ostacoli e punti definitivi di arrivo, lungo percorsi alternati nei contenuti e pur coerenti, in uno stile del tutto personale al quale ogni alternanza riconduce.
E’ possibile quindi scrivere una prefazione che riesca ad illustrare il contenuto del libro, il metodo di lavoro dell’autore, i criteri di scelta seguiti, lo scopo della raccolta?
Secondo me no, ne uscirebbe una prefazione circolare che correrebbe il rischio di avvilupparsi su se stessa, parlandosi addosso.
Questo libro rappresenta quindi un frammento di un percorso che inizia da lontano e si proietta nel futuro.
Un frammento che ha trovato i suoi cardini in alcune tappe fondamentali, nella storia di cinque anni di serate poetiche vissute in condivisione della propria e dell’altrui poesia, al chiuso e in piazza, come si poteva, dove si poteva, con chi c’era.
A volte anche con chi non c’era come è capitato con Ugo Lanzalone di cui voglio ricordare l’assenza con le stesse parole di Giuseppe …”non fa che aumentare quel senso di vuoto che ci ha lasciati, un vuoto però pieno di un qualcosa che impareremo a capire un passo alla volta” .
Ecco, secondo me questo libro rappresenta uno di quei passi.
Cucendo fili e rammendando tasselli .
Con affetto
Mara

5 commenti:

Mara ha detto...

Quanto sei bravo Pino quanno scrivi,
quando la luna se specchia dentro a Castelforte
e le coppiette se ne vanno via,
quanto sei bravo Pino quanno componi.
Quanto sei bello Pino quann'è er tramonto,
quando l'arancia rosseggia ancora sulla Cooppe
e le finestre so' tanti occhi
che te sembrano dì : quanto sei bello!
.
Oggi me sembra che er tempo se sia fermato qui.
Vedo la maestà de’ Tor de Schiavi,
vedo la santità della Sezione,
e so' più viva, e so' più bona, no, nun te lasso mai,
Pino poeta, der monno infame.

versolibero ha detto...

la santità della sezione è troppo bella!!!

versolibero ha detto...

in effetti le coppiette se ne vanno via da via castelforte.
che ce stanno a fa?

Mara ha detto...

o è fede o non lo è!!!!

Mara ha detto...

e difatti entreno le coppiette de frascati, quelle de presciutto che spaccheno li denti...
ma noi s'acciambellamo....